TERRA e SANGUE - CAMPAGNA di ALBIONE

Un oscuro Emissario si accinge a prendere il potere su Albione ma i suoi abitanti sono intenzionati a resistergli ad ogni costo.

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  1. Vassily quiet
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    Arrampicarsi costava come movimento o poteva essere eseguito dopo una carica invece di attaccare
    Inoltre potevano arrampicarsi su parti diverse del corpo (gli unici a potersi arrampicare sono quelli entro 1)
    Esempio

    Gamba: 3+ in caso di successo l'ogre viene in parte bloccato dai gobbi e non poteva ammassare

    Braccia: 4+ l'ogre si ritrova l'arma appesantita dai gobbi e ha un meno 1 al colpire

    Testa: 6+ in questo caso l'ogor viene accecato ed ha un -1 al colpire +1 attachi (dato che infuriato fende colpi a raffica) inoltre il gobbo sulla testa del ogre infligge solo colpi mortali o danni doppi.(a discrezione dei giocatori)
     
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  2. dol_guldur
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    SCENARIO 4: La Via dei Giganti


    4. Introduzione

    - FATE SILENZIO BRANCO DI TESTE DI LEGNO!!! - Urlò Fudor Mc Arthur alzandosi minacciosamente in piedi, i pugni sui fianchi.
    Tutti i capoclan si zittirono immediatamente, i loro occhi lucidi dall'ira e dalla birra consumata intorno al fuoco. Per un attimo oltre allo scoppiettio della legna umida si udirono provenire dall'accampamento le sofferenze dei feriti.
    - Grande Orso, li senti questi gemiti? Sono i nostri uomini che stanno morendo, e non posso lasciarli invendicati! - Disse un capo calvo e tarchiato dagli occhi azzurrissimi.
    - Dovevi vendicare già i tuoi morti nelle paludi di Argantias, Lysandrix! Invece di scappare dopo il primo sangue con i kran! - lo rimproverò un altro
    - COME OSI! Proprio tu parli che nessuno del tuo clan non ha nemmeno arrossato la propria spada!?!? Almeno noi eravamo i primi! - contrattaccò deciso.
    - Si i primi a scappare, Lysandrix! E tutti gli altri conigli della costa vi hanno seguito! Noi dei calanchi non abbiamo ceduto fino alla fine! - intervenne uno con una grande cicatrice sul volto.

    - Non starò qui a sentire i vostri inutili battibecchi un istante di più! - Tuonò Fudor – Dovreste vergognarvi di darvi addosso così! La battaglia è persa ed il circolo di Dragunkelsus pure! Questi sono i fatti, e l'unica cosa che possiamo fare è spostarci, curare i nostri uomini e soprattutto non dividerci! -
    Tornò il silenzio rotto solo dai gemiti dei feriti, un grande accampamento di Albionici senza canti era quantomai insolito.
    - Almeno fino alla prossima battaglia. – aggiunse.
    - ... a questo proposito… - intervenne un capo grassoccio con una grande barba – con tutto il rispetto, Grande Orso, io non seguirò più il Veriloquiante! -
    Molti sguardi si volsero verso di lui, interrogativi.
    - Egli...Egli ci ha condotti in un disastro! Siamo stati senza mangiare e senza riposare, lanciati in una battaglia suicida, io non sono qui per far morire i miei guerrieri in questo modo. Non è il modo di fare una guerra! - Alcuni nel cerchio annuirono, uno addirittura battè le nocche sullo scudo in segno di approvazione.
    Fudor gli si avvicinò ad un palmo dal naso, sovrastandolo di un palmo in altezza.
    – e dimmi… Asgux .. quando mai avresti combattuto una vera guerra? -
    Alcuni capi sogghignarono.
    – Quando non si trattava che di andare a rubare pecore ai Mac Palug, o bruciare qualche capanna ai clan dei colli grigi? -
    Diverse parole di approvazione e scherno emersero dal circolo, si udì batter di nocche sugli scudi.
    Asgux, umiliato abbassò lo sguardo, poi con un moto di rabbia sbottò – IO NON MI FIDO DI QUELLO STREGONE! E' un folle che ci ha condotti al disastro da quando ha fatto cacciare lemnus dall'isola, ci ha condannati! - puntò il dito al petto di Fudor - E non sarai certo tu a dirmi cosa fare, anzi! Se sei in combutta con quel folle non starò qui un istante di più! - urlò e con un gesto fulmineo gli lanciò la birra del corno in volto.
    Fudor incassò senza batter ciglio, squadrandolo feroce mentre le gocce del liquido colavano lente dal naso e dalla barba, inspirò profondamente, tutti gli altri ammutoliti.
    - Bene, mi libero volentieri della tua presenza. - disse girandosi.
    - Ecco, si! - balbettò Asgux, preso dall'euforia di aver tenuto testa al Grande Orso – Vado a radunare i miei uomini e ce ne andremo stanotte stessa! Voi imbecilli fate pure quello che volete! -
    - Non hai capito – disse Fudor girandosi.
    In un lampo dal buio emerse illuminata dalle fiamme la sua enorme spada che troncò obliquamente Asgux, il corpo rimase eretto qualche secondo, per poi accasciarsi sulla metà superiore.
    - Ho detto che mi libero di te e basta. I tuoi uomini ci servono tutti! -
    Tutti i presenti erano scattati in piedi, increduli e intimoriti dal loro generale.
    - Percival! - chiamò.
    - Dimmi Generale – disse l'alfiere emergendo dal buio, dove probabilmente era rimasto per l'intero banchetto, immobile, celato a tutti.
    - Vai a dare la notizia agli uomini del Clan di Asgux, che si aggreghino alla guardia di Cormac il Cauaros e gli prestino giuramento stanotte stessa. Quanto a voi – si rivolse ai capoclan - Non vi permetto di criticare l'operato del Veriloquiante! Tornate dai vostri uomini, rincuorateli, voglio sentire cantare! E domani si parte all'alba. Vi congedo. -
    Tutti batterono tre volte le nocche sugli scudi e si allontanarono dal fuoco.
    Fudor guardò il cadavere di Asgux, ucciso ad un banchetto.
    Che disonore per un guerriero albionico, tuttavia il gesto aveva intimorito i capoclan, li avrebbe tenuti uniti ancora per un po. Forse il tempo di vincere una battaglia.
    Si piegò dolorante, le fiamme della creatura demoniaca dei kran lo avevano bruciato in profondità, la carne morsa viva anche sotto l'armatura.
    Di quali oscure diavolerie potevano disporre i loro nemici? Fin dove avrebbero potuto spingersi?
    Mentre cercava di ricomporre il cadavere di Asgux, notò da sotto l'armatura una protrusione ossea che non dovrebbe esserci in un essere umano.
    Afferrò con forza ed estrasse una specie di arto che terminava con una escrescenza ossea simile ad una falce.
    Sorrise la sua buona stella, o forse la mano che lo guidò a compiere quel gesto blasfemo, ma su una creatura oramai dannata, pallida imitazione del guerriero che fu.
    Buttò l'arto mutato nel fuoco e si mise a crepitare, poi fu la volta delle due metà del corpo che emisero un puzzo nauseabondo, dal sorriso passò alla tenebra e poi al tremore.
    Da quanto l'isola era compromessa ed avvelenata dai malefici influssi degli dèi perniciosi? Quanto poteva durare il suo mondo a questa oppressione violenta e silente allo stesso tempo?
    - Fithurix, dove sei? - mormorò massaggiandosi le ferite dolenti.


    Il circolo di pietre vibrò sinistramente mentre le energie del mondo oscuro vennero convogliate in esso, le pietre resistevano agli influssi nefasti della magia oscura, anche se sempre più debolmente.
    All'ennesimo incanto fallito la strega fomoro si accasciò come esausta, la sua tunica lacera si inondò di luce quando fugacemente dalle nubi emerse un raggio di luna che rivelò alcune decine di cadaveri disposti nel circolo a forma di stella a otto punte.
    Il suo occhio roteò quando vide una enorme sagoma a fianco di uno dei dolmen, borbottò qualcosa nel linguaggio gorgogliante dei fomori.
    - Non ti capisco – disse Pjotr entrando nel circolo col suo passo pesantissimo.
    Il fomoro si voltò, come a voler nascondere le sue fattezze, ma il condottiero le mise una mano sulla spalla.
    - Così è qui che ti sei rifugiata, da quella notte dove ci votammo agli dèi oscuri e dove sacrificammo i prigionieri di Praag. Gli dèi non sono stati clementi con te, sorella. -
    - E non lo saranno nemmeno con te, comandante…- Una voce querula si intromise, come un fantasma era apparso al limitare del circolo l'emissario oscuro.
    Pjotr avvampò di ira, come mai questo essere compariva nei momenti meno opportuni?
    - Cosa vuoi, emissario? - chiese misurando la rabbia.
    - Non di certo osservare una dolce riunione di famiglia – gracchiò - potrai esprimermi la tua gratitudine con comodo, ma ora è imperativo che questa creatura porti a compimento il suo lavoro. -
    - Questa creatura è mia sorella! - protestò.
    - Era tua sorella – corresse con un ghigno percepibile da sotto il cappuccio - gli dèi hanno deciso diversamente il suo fato, l'ho trovata io, in un villaggio devastato dalla peste della Norsca ad abbuffarsi di cadaveri. L'ho coccolata e nutrita con malapietra e carne di uomoratto ed una volta portata qui la vicinanza coi fomori non è più stata solo nell'aspetto. Mykial l'ha plasmata nelle arti dell'ombra e devo dire che ha fatto un gran lavoro. - gongolò toccando col bastone le carni adipose del fomoro.
    - Ora però obbedisce a me ed a me solamente! Ed anche a costo di prosciugare ogni sua stilla di vita dovrà attivare questo circolo! - esclamò alzando il bastone.
    Pjotr lo fronteggiò, sovrastandolo completamente.
    - Fanne ciò che ti pare, stregone – disse cupo – ma ricordati che se non vedo il mio oro sgorgare a fiumi da questa putrida landa, se dovessi scoprire che ogni tua parola riguardo ai tesori di questa terra si rivelasse infondata, stai pur certo che TU ….diventerai il contenuto della mia botte più pregiata. -
    L'emissario rimase in silenzio alcuni istanti mentre il ciclopico uomo gli passava accanto colpendolo con la sua massa.
    - Tu … non dovresti minacciare un prescelto dagli dèi oscuri! - disse, scosso nella voce.
    Pjotr sbuffò con un accenno di risata.
    - Prescelto? Saresti tu il prescelto? Quello che ansima e sbuffa a fare cento metri di marcia? Quello che di tagliente ha solo la lingua invece della spada? - si voltò, guardandolo negli occhi – Quello che alla prima ferita scappa tra i ranghi piangendo e strillando come una ragazzina? -
    Da sotto il cappuccio il pallore di lemnus parve aumentare.
    - Non so se ti sei accorto di come gli uomini ridono di te? Forse avresti dovuto informarti meglio su chi avere come soci in questa spedizione sai? Perchè c'è solo una cosa che noi norsmanni detestiamo più di ogni altra: i vigliacchi. -
    Si udì un sommesso deglutire.
    - Guardati le spalle… prescelto! - se ne andò nella notte, ridendo cupo.
    - Beh, che fai lì ferma? - urlò isterico alla strega - Sfaticata! Inutile storpia! Attivami questo circolo entro domani o rivelo la verità agli altri fomori! Muoviti! -
    La strega tremante si rimise al centro della stella e battè ripetutamente il bastone a terra, come a colpire ed addomesticare il terreno.
    Prima dell'alba un cupo bagliore rossastro balenava sopra le arcane pietre Ogham di Dragonkelsus.


    Un corvo volteggiava nell'aria mattutina, il suo nero occhio fisso verso terra non perdeva mai d'occhio lo scintillare delle lame dell'esercito dei caotici, in marcia attraverso paludi e boschi.
    Vide ogni cosa, dalla finitura dei cavalli, al laccio della scarsella che penzolava dalla cintura di un norsmanno.
    - HUGIX! - una voce nel cervello lo richiamò verso terra, più avanti, dove il passaggio in una radura era obbligato dall'acqua di un torrente esondato.
    Sorvolò alberi contorti, enormi, ma senza cinguettii o versi: era l'unico uccello di quella selva.
    Quando si posò sulla spalla Fithurix egli lo accarezzò dolcemente sul becco, poi girandosi verso gli alberi dall'altra parte della radura fece un cenno con la mano, aprendola ed abbassandola, ombre gigantesche tra i tronchi si abbassarono.
    - Bene, i kran passeranno di qua. Che gli Dèi ci assistano! -
     
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  3. dol_guldur
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    Ed eccoci finalmente allo scontro del 4° scenario che segue le regole di "imboscata!" del libro di 6°.
    A parer mio sempre un po sbilanciato verso la fazione degli attaccanti, complice forse anche il clima albionico(ogni turno si tira sulla tabella degli eventi metereologici) che è rimasto sostanzialmente stabile e non ha impedito ai volanti di fare dei macelli direttamente dal primo turno. Tuttavia un esercito solo di mostri ha un potenziale semplicemente spaventoso ed è incredibile poter usare creature leggendarie e vederle all'opera. Questa volta il Veriloquiante si è dato seriamente da fare!
    Buona lettura.

    Scenario 4: La Via dei Giganti



    Attaccante:
    GLI ARCANI DESTATI – ALBIONE
    *Veriloquiante
    Drago incubo imperatore
    Grande Dragone di fuoco
    Manticora
    Pegaso nero
    Gigante Tritaossa
    2 mastodonti
    6 Malebestie
    difensore:
    LA FECCIA DI LEMNUS
    *vedi scenario precedente

    BATTAGLIA!


    La colonna di marcia caotica vede alla testa una muta di mastini, dietro l'elite della possente cavalleria pesante con il condottiero, ai suoi fianchi i carri. Seguono le fanterie con al centro il carro della birra con Nertos prigioniero, a chiudere i fomori ed in retroguardia il cannone, i mastini ed i predoni.
    Il Veriloquiante schiera a sbarrare la strada due immense creature risvegliate dalle viscere più profonde dell'isola:un drago imperatore e un grande dragone di fuoco, affiancati da una unità di malebestie, a chiudere la ritirata un pegaso nero, due mastodonti, una manticora ed uno smisurato gigante tritaossa, il capo dei giganti di Albione.

    Lo scontro inizia con un suono tremendo che lacera i timpani di tutti i caotici e davanti a loro i due smisurati draghi si abbattono sui mastini cancellandoli dal mondo e sfondando uno sui cavalieri, l'altro sul carro che viene distrutto. Il soffio del drago imperatore avvolge lo squadrone ma dai miasmi emergono indenni tutti i cavalieri, il condottiero beve dal suo boccale e il liquido torbido gli accresce l'iniziativa, e riesce ad infliggere una ferita, lo stesso risultato ottenuto dal resto dell'unità. La risposta del drago non si fa attendere e smembra ferocemente carne ed armature lasciando Pjotr da solo e frastornato che viene alfine schiacciato dalla massa del drago assieme al suo fidato Ferrox.
    Sul retro ogni mostro sospinto dalla volontà ferrea del Veriloquiante riesce ad arrivare a contatto: mastini, cannone e predoni a cavallo vengono uccisi subito, lo sfondamento sui fomori ottiene il medesimo risultato.
    I caotici cercano di reagire e carro, e unità dell'alfiere caricano il drago imperatore, l'unità dell'emissario il dragone di fuoco, i barbari si riorganizzano. lemnus cerca invano di invocare poteri malvagi ma lo spavento dell'imboscata lo deconcentra e non riesce a finalizzare, la sua unità subisce diverse perdite a causa del fuoco del drago, ma riesce ad infliggere una sola ferita. Il carro riesce a ferire il fianco del drago imperatore, Kernusson colpisce con furia omicida ma causa una sola ferita, il drago ne restituisce cinque.
    Sul retro i barbari combattono disperatamente, viene ucciso il pegaso e inflitte 3 ferite al gigante tritaossa che cade sulla manticora ferendola.
    Il Vriloquiante invoca il potere di Kadon e viene sollevato dal vento di Ghur, le sue forme cambiano fino a diventare un enorme drago.
    Il combattimento infuria ma i caotici sono consci di essere circondati e non riescono a colpire efficacemente, poche ferite vengono inflitte e le unità collassano: Kernusson viene dilaniato dalla ferocia del drago dopo che la sua grande ascia era riuscita a penetrare la spessa pelle scagliata, gli altri macellati dal mastodonte sul retro.
    L'emissario oscuro si butta a terra ed il suo mantello pare sgonfiarsi come se il suo contenuto si fosse tramutato in putrido liquame mentre il drago dilania i guerrieri caotici uno dopo l'altro e le malebestie terminano i pochi sopravvissuti.
    I predoni vengono investiti da un fiotto di espettorato del gigante ed i pochi sopravvissuti cercano scampo nei boschi .
    La battaglia termina con il Veriloquiante che giunge sul carro oramai rovesciato dalla furia dei combattimenti, monete e birra mischiate a sangue, arti, interiora e brandelli di armatura, e trova Nertos incolume che cercava di liberarsi, ancora incredulo alla vista delle creature che lo circondavano.
    L'armata dei kran non esiste più.

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    Akmar era quasi incredulo del prodigio a cui aveva assistito, fino a pochi giorni prima si sentiva sconfitto ed abbandonato dagli dèi, oggi era alla testa di una schiera di irriducibli guerrieri del caos.
    Di certo non sapeva quali fossero gli orridi incantesimi tessuti dalla strega fomoro Mykial sul campo di battaglia di Argantias, solo che il risultato fu stupefacente quanto insperato: pezzi di guerrieri rinsaldati da fango, armature ricomposte che vibravano di energie diaboliche,lo spirito indomito dei guerrieri riportati alla vita che mai era stato così forte e determinato.
    Il passo pesante dei guerrieri redivivi calcava il terreno con marzialità alle sue spalle, incurante del terreno difficile e della pioggia che li sferzava.
    La mano degli dèi perniciosi si era dimostrata attenta e certosina e mai una schiera fu più compatta, tanto da richiamare nei suoi ranghi perfino i sopravvissuti dello scontro che erano fuggiti più lontano, clamitati e quasi ipnotizzati una volta tornati sotto il grande vessillo con la stella ad otto punte: un empio potere li pervase dalla fine del rituale oscuro.
    Essere alla testa di un reggimento così elitario sarebbe stato motivo di compiacimento per qualunque condottiero in tutta Norsca, ma un tarlo rovente bruciava nella testa di Akmar: quale sarebbe stato il prezzo da pagare per un tale privilegio?
    La risposta pareva essere nel cavaliere che marciava a fianco a lui, oscuro e taciturno nel suo lacero tabarro nobiliare non aveva proferito parola su ciò che gli aveva ordinato lemnus.
    Questi pensieri affollavano la mente di Akmar quando dall'elmo pentolare si udì squillante un ordine secco – ALT! - e la schiera si arrestò.
    - Come osi dare ordini? - abbaiò tra i denti spezzati
    - Qui si dividono le nostre strade, Akmar. - disse con tono meccanico il bretoniano.
    - Con quale autorità prendi questa decisione? Sebbene la cosa mi faccia piacere, sarò io ad ordinare a te di andartene e di liberarmi della tua presenza! -
    - Gli ordini ricevuti non sono questi, ho una missione da compiere per conto dell'emissario, così come tu hai la tua! - ribattè deciso
    - La mia? Io dovrei mettere a ferro e fuoco un villaggio di questi selvaggi, solo per uccidere un vecchio? - brontolò Akmar.
    - E' così! Per quest'opera ti basteranno metà degli uomini, il resto viene con me. - rispose l'altro.
    Fu la goccia che fece traboccare il vaso.
    - TU NON TE NE VAI DA NESSUNA PARTE INFAME! IO SONO IL CAPO! IO DECIDO COME PROSEGUIREMO LA NOSTRA GUERRA! TU NON SEI NIENTE! - gridò.
    Il bretonniano levò rapido l'enorme ascia e cercò di colpire Akmar alla testa, ma la rapidità di cui era dotato lo sorprese: il fendente calò sfiorando il mantello, colpendo il terreno molle.
    Il secondo colpo non fu nemmeno vibrato perché con un possente pugno del guerriero, il cavaliere venne sbalzato indietro contro il muro di ferro e carne della schiera, il minaccioso elmo pentolare rotolò nel fango.
    Apparve un volto quasi adolescenziale, i biondi capelli spettinati dal violento colpo ed un paio di vispi occhi che tradivano un certo spavento.
    - Avanti, fammi vedere se sei il prescelto degli dèi per comandare, pidocchio! - ruggì Akmar trionfante – o forse dovrei chiamarti Lorènce? - diversi guerrieri risero di scherno.
    - Non pronunciare quel nome! - gridò tremando di rabbia il bretonniano.
    - Perchè se no ti metti a piangere ed invochi la tua mammina del lago? - lo canzonò – Lorènce?-
    - Bastardo!! - gridò scattando in avanti, l'ascia disegnò un ampio arco che Akmar schivò con facilità, ma arrivando al suolo agganciò uno dei talloni dell'enorme guerriero per sbilanciarlo.
    Akmar tuttavia non cadde e colpì con violenza la schiena del bretonniano che perse conoscenza per un attimo.
    Si risvegliò pochi istanti dopo, un'aura cremisi balenava davanti al suo volto, la rossa spada di Akmar puntata alla gola.
    - Ora e per l'ultima volta… dimmi quali sono i piani di quel verme! -
    Lorènce strinse i denti, e poi cedette – Non...Non so molto, bisogna assassinare il vecchio al villaggio di Ysig Kalon, la nostra sconfitta ad Argantias sarà garanzia della sorpresa, inoltre i guerrieri saranno altrove, forse, a combattere le nostre armate.
    - Puah! La mia Avanguerdia usata come diversivo, ma me la pagherà quel verme! E poi?-
    - Poi...poi bisogna procedere a nord, fino ai cancelli nelle montagne, da li ci dovremmo riunire alla colonna dell'armata ed attaccare il cuore dell'isola, l'acropoli dei monti azzurri affidandoci anche ad alcune tribù... vicine a lui ha detto. Di più non so, lo giuro! - concluse quasi singhiozzando.
    - Bene, vedo ti si è sciolta la lingua, avrei dovuto farlo molto prima - grugnì – e dimmi, come ci dovremmo arrivare a questi cancelli? Chi ci guiderà? -
    - L'emissario ha detto di non preoccuparsi.... che le guide... avrebbero trovato noi. -
    - E chi sarebbero? - incalzò Akmar.
    - Non lo so.... ma stanno succedendo cose strane su quest'isola. Dobbiamo, dobbiamo assolutamente finire le nostre mansioni. O non so cosa potrebbe succederci. -
    - Parli come un servo, Lorènce, esattamente ciò che sei! Tu non sei degno di essere sotto lo sguardo degli dèi oscuri e per questo motivo ... io ti condanno a morte! - disse Akmar gracchiando una grassa risata tra il compiacimento degli altri guerrieri.
    La spada rossa si avvicinò e la punta iniziò ad incidere la carne prima ancora di toccarla, ma si fermò.
    Lorènce aprì gli occhi e vide due spaventose fila di denti spezzati emergere dalla barba rossa, il rovente fiato puzzolente emergere dalle fauci aperte in un sorriso contorto.
    - Tu però, hai una missione da compiere prima di morire no? Sei così bravo a scodinzolare dietro a quel porco immondo vero? Ora và pusillanime! E vedi di non tornare vivo! Mi fai così schifo che non vorrei insozzare la mia spada con le tue misere interiora! FILA! -
    Il battaglione di guerrieri sfottè e spintonò il loro ex compagno mentre questi attraversava a fatica le fila in mezzo a spinte, sputi e sgambetti.
    Lorence non osò dire nulla mentre si trascinava barcollando, solo, in mezzo alle cupe foreste di Albione.

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  4. dol_guldur
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    SCENARIO 5: L'Assedio



    5. Introduzione

    Fudor Mc Arthur guardò ormai sonnecchiante, stremato dalla fatica l'ultima caterva dell'esercito varcare il grande portale tra le montagne.
    Era una costruzione gigantesca, unica di Albione, costruita mille anni addietro da Curious Gesar il Conquistatore che dalla lontana Tilea venne coi suoi implacabili soldati a conquistare glorie e ricchezze, ma quello che restò furono le straordinarie opere di ingegneria e costruzione tuttora usate dagli albionici.
    La grande strada lastricata, chiamata “La via Imperiale” seppure Albione non avesse mai avuto alcun imperatore, attraversava il cuore dell'isola e passando a fianco dei monti azzurri si protraeva a singhiozzo fino alla Acropoli, un altopiano circondato dalle alte mura costruite con perizia dagli antichi Tileani.
    Lo stato era pressochè di abbandono, edera e rami spuntavano sugli spalti , ma la pietre erano ancora solide e ben squadrate, ed a passare sotto l'enorme volta del portale molti albionici sentirono un brivido corrergli per la schiena e si stupirono, borbottando tra loro, come mai più nessuno si era chiesto per quale motivo avessero costruito una fortezza in un posto così sperduto e dimenticato.
    La stanchezza di Fudor si faceva sempre più pesante, con la febbre della ferita che non lo aveva ancora abbandonato, stava quasi per cedere al sonno quando un forte – ALT! - risuonò avanti a lui, scuotendolo.
    Lysandrix scese da cavallo e omaggiò il generale.
    - Grande Orso, io ti ringrazio. - disse
    - Di cosa mi ringrazi, Lysandrix? -
    - Se mi concederai l'onore di fermarmi qui, e di difendere il portale fino all'ultimo dei miei uomini. - rispose guardandolo fisso con i suoi occhi azzurrissimi.
    - Ci sono già i guardiani del portale, le mura sono imponenti ed i kran ci metteranno molto tempo a giungere fin qui in forze sufficienti per poterlo forzare. -
    - Permettimi, Grande Orso – disse avvicinandosi alla sella, il grande stallone lo annusò con insistenza – si stanno muovendo cose nell'ombra, ed i kran non sono l'unico pericolo per noi. -
    - Se ti riferisci alle schifose tribù dei kennex o dei lupi sciolti, sono ben poca cosa, bracconieri e selvaggi che al primo sangue scapperanno come han sempre fatto. - sorrise Fudor
    Lysandrix si avvicinò ed abbassò la voce, quasi sussurrando, in maniera che solo il generale e l'Alfiere al suo fianco potessero sentire.
    - Non parlo di uomini, qualcosa si muove nell'ombra, i miei guerrieri mormorano di sentirsi osservati da occhi gialli alla notte, dal profondo delle foreste si odono urla e richiami mai uditi prima, e paesani scappano affermando di aver visto animali ergersi grotteschi su due zampe. -
    Fudor lo fissò intensamente – tu… dai adito a queste voci? -
    - Voci? Metà del cielo sta diventando di un rosso cupo, i nostri popoli massacrati, ed i villaggi bruciati in ogni dove. Non possono essere solo opera di una armata nemica che non conosce le nostre terre. Deve esserci qualcos'altro, Grande Orso, lo sai che è così! -
    Fudor pensò all'omicidio al banchetto, a come Asgux, sotto i suoi occhi si era piegato al caos, di chi si poteva fidare, se non di chi combatteva la paura con il coraggio?
    Guardò in alto, i guardiani del portale stavano estirpando gli arbusti dalle merlature: erano una manciata di arcieri discendenti dai loro antichi custodi tileani, ma di fatto una pallida imitazione dei fierissimi guerrieri di Curious Gaesar figli di incroci consanguinei che mantenevano a stento un loro dialetto.
    - Mai nessuno in futuro potrà dare del vigliacco a te o a nessuno del tuo clan. - Affermò solenne Fudor
    I guerrieri più vicini urlarono di approvazione ed inneggiarono al generale ed al loro capo.
    - Tutta Albione conta su di te Lysandrix! Ci rivedremo al centro dell'acropoli. - disse stringendogli forte l'avambraccio nel saluto dei guerrieri.
    - Addio Grande Orso. - salutò secco Lysandrix.
    Mentre Fudor e Percival risalivano a colonna, il grande stendardo che garriva al galoppo dei cavalli, Lysandrix ordinò ai suoi di aiutare i guardiani e di portare quante più pietre possibile sulla sommità delle mura, intanto i guardiani accendevano fuochi sotto enormi pentoloni arrugginiti.
    - Aristox!- chiamò il suo scudiero – Appendi il mio scudo da cerimonia sopra il portale! - disse mentre saliva la scalinata oramai gremita di guerrieri.
    Dall'alto del bastione la vista era incredibile, dominava completamente la Via Imperiale prima che sparisse tra boschi e paludi, sopra il cielo che lentamente si tingeva di cremisi, come neve insanguinata.
    A sud est un pennacchio di fumo nero si alzava compatto, rimase a guardarlo come assorto, chissà di chi era quel villaggio, chissà quante vite innocenti venivano mietute in quel momento.
    Lo sguardo si indurì.
    - Venite a prenderci, Bastardi! -

    Le poche casupole di Ysig Kalon scopiettavano sotto i morsi delle fiamme, i tetti impregnati di acqua spandevano in aria un compatto fumo nero ed intorno l'aura rossa del fuoco confondeva il sangue e le viscere sparse dei pochi abitanti rimasti ostinatamente a difendere il villaggio.
    Akmar si chinò sul volto della sua ultima vittima, un uomo sulla cinquantina, di certo non più un guerriero nel pieno delle sue forze, la rovente lama infilata nel suo basso ventre.
    - Allora, selvaggio… so che non mi puoi capire ma devi dirmi dove si trova il vecchio...il vecchio, hai capito? PARLA!-
    L'uomo ansimava affannosamente dal dolore ma non urlava ,guardava invece il campione caotico con odio.
    Akmar torse lievemente la spada, godendo questa volta delle urla della sua vittima.
    - Allora vedi che la voce ce l'hai? - bofonchiò sorridendo orrendamente coi suoi denti spezzati. - Dovè il vecchio? Come si dice .. odd.. addu…-
    - OED!!- esclamò l'uomo, sgranando gli occhi esterrefatto, come un lampo di paura scintillò nel suo sguardo.
    - Si esatto! Ora dimmi dovè e ti ucciderò senza farti soffrire troppo. - ghignò soddisfatto Akmar.
    Inaspettatamente l'uomo si mise a ridere convulsamente indicando con la mano prima il guerriero poi una montagnetta di terra che si innalzava dalla palude a fianco.
    Akmar rimase spiazzato, non capiva che qualche rara parola dell'albionico che sussultava sotto la sua lama, quasi istericamente, ma certamente intento a deriderlo.
    - UUULTIMOOOOHHHH – sussurrò una voce nella sua testa.
    L'ira balenò in lui e schiacciò la testa dell'albionico con il pesante stivale, facendola esplodere.
    - Io vado a finire il lavoro! Nessuno mi segua! Voi rimanete qui!. - ordinò
    Si incamminò attraverso le sterpaglie e la palude, il tumulo pareva non avvicinarsi mai ed in men che non si dica si trovò circondato da una fitta nebbia.
    Akmar avanzò risoluto, perdendo la cognizione del tempo gli pareva di camminare da ore ma il tumulo si era avvicinato di pochissimo, dal fango putrescente si intravvedevano invece sempre più il bianco sporco di ossa umane, scheletri interi o fatti a pezzi.
    Avanzò ancora, per un tempo che gli parve ore, immerso in un bianco lattiginoso fino a quando non si accorse di essere seguito.
    Girandosi di scatto vide decine di sagome stagliarsi nella foschia, decine di scheletri che al suo estrarre la spada gli si scagliarono contro.
    Lo scontro si protrasse per un tempo indefinito, la forza e la tenacia di Akmar vinsero alla fine il numero e solo manciate di ossa frammentate rimasero ad affondare lentamente nella melma, ansimando si chiedeva dove fosse finito e tornando a cercare il tumulo si accorse che era davanti al suo cupo ingresso.
    Radunando le sue forze spostò il pesante macigno che ne ostruiva l'entrata e scese determinato nell'ipogeo venendo accolto da un tanfo pestilenziale di carne rancida e polvere, la spada rossa a illuminare le pareti rocciose.
    Al centro della stanza sotterranea vi era un sarcofago di pietra, altri scheletri giacevano sul pavimento, piccoli stavolta, di bambini o poco più, mentre era indeciso sul da farsi se calpestarli prima che si animassero come gli altri si accorse che una figura curva lo osservava con occhi neri e scintillanti da dentro il sepolcro.
    Akmar rimase a guardare mentre una mano ossuta e dal pallore innaturale afferrava il bordo del sarcofago per issare la creatura che vi albergava: era un anziano emaciato, vestito da albionico, ma con un curioso pendente al collo, le spalle curve e strette, le membra quasi tremanti.
    - Che cosa sei? - esclamò Akmar.
    - Così lemnus ti ha mandato qui. - disse con voce cavernosa ed atona nella lingua dei norsmanni – avrei dovuto immaginarmelo -
    - Io sono venuto ad ucciderti vecchio! - ribadì fiero.
    - sprechi il tuo tempo, guerriero degli dèi oscuri: io sono già morto. - rispose
    - Perchè? -
    - Perchè sono stato uno sciocco, ho dato fiducia a lemnus, e guarda cosa mi ha fatto.-
    Akmar rimase incuriosito – spiegati, che ti è successo. -
    - Diedi tutto quello che avevo per lui, in vita fui rovinato dalle sue spese folli mentre viaggiava per il vecchio mondo e quando ospitava viaggiatori sconosciuti venuti da chissà dove nella nostra dimora, il suo studio incostante delle arti magiche lo hanno sempre spinto a provare ed osare sempre di più, dall'evocare i fomori, da sempre nemici degli uomini, a sacrificare vite e dignità con facilità estrema. Fino a tradire ogni cosa, il suo popolo, gli amici, la famiglia. -
    - Ed a te che ha fatto? -
    - Su di me si è accanito particolarmente, mi ha infettato con una maledizione dove non posso morire, non posso fare a meno di uccidere durante la notte, e bere il sangue delle vittime. Perfino il ricordo delle rare giornate di sole mi acceca di rabbia e mi brucia la mente. Dopo tutto quello che ho fatto per lui… -
    - Ma tu.. chi sei? -
    - Io ero suo padre – mormorò
    Poi in un attimo gli occhi volsero rossi e scattò contro Akmar cogliendolo impreparato, il guerrierò si ritrovò scagliato a terra da una forza incredibile, impensabile per la misera creatura davanti a sé che cercava di graffiarlo.
    Akmar lo scagliò contro il sarcofago con tutte le sue forze e cercò di riprendere in mano la spada, ma la creatura gli fu di nuovo addosso.
    Il guerriero ne avvertiva il fiato fetido mentre in un mero confronto muscolare la creatura pareva avere la megli, avvicinando i denti appuntiti al collo del caotico che per evitarlo cadde di nuovo all'indietro.
    Riuscì ad allontanarlo di una spanna mentre ne subiva i violenti graffi e cercando con una mano ed a tentoni trovò quello che gli sembrò un sasso e colpì l'anziano dritto nella bocca smunta con quello che si rivelò il teschio di un infante.
    La creatura si trovò momentaneamente incapace di nuocere ed Akmar lo prese in contropiede, afferrandogli la testa e strappandoun grosso lempo di pelle rugosa e capelli dal suo cranio con un vigoroso morso, i denti scheggiarono il cranio ingiallito sottostante.
    L'essere liberò la mandibola dall'impedimento, frantumando il teschio, ma fulmineo il caotico aveva già recuperato la sua spada e la conficcò nel petto dell'anziano trapassando lui ed il blocco di pietra del sarcofago, inchiodandolo sul posto.
    Il vecchio lo guardò con odiointermittente a quallo che pareva senso di colpa.
    - Uccidimi – disse infine
    - E come posso, se non puoi morire? -
    Il padre di lemnus si indicò il ciondolo al collo, una specie di croce avvolta in una putrescente fetta di carne che emetteva un odore nauseabondo. - io non posso togliermelo, ma ricorda: chi segue mio figlio viene portato alla rovina. Torna indietro pazzo e non ascoltare i tuoi dèi. Non esistono… nulla esiste… nulla!-
    Con un gesto d'ira Akmar gli strappò il ciondolo maleodorante, appena la catenella si ruppe l'intero essere svanì in cenere, la spada rossa conficcata nella fredda pietra del tumulo.
    Appena uscito dal tumulo Akmar urlò il suo nome agli dèi e come tradizione indossò le spoglie del nemico: appena il ciondolo cruciforme si fissò al suo collo sentì pulsare i graffi del vecchio ed osservandoli, sorpreso vide che si stavano rimarginando lasciando solo sottili cicatrici rosee.
    - Comandante! - lo chiamò la voce di Zabor, il campione dell'unità.
    Akmar si volse e scoprì che il tumulo era ad appena un centinaio di metri dal villaggio, avanzò confuso, chiedendosi come mai nonostante il tempo passato il villaggio ardesse ancora così come lo aveva lasciato e persino i suoi uomini erano radunati nello stesso punto di prima.
    Tuttavia si accorse che qualcosa non andava: i suoi sperbi guerrieri erano disposti in cerchio, gli scudi levati, le armi spianate.
    - Che succede Zabor? Quanto sono stato via?-
    - Solo pochi minuti comandante, ma nel frattempo ci hanno circondati. -
    - Chi gli albionici?- chiese sorpreso Akmar
    - No….quelle bestie! -
    La foresta pullulava di ombre che saltellavano nervose e rapide, occhi gialli emergevano da sotto le frasche e si udivano rumori di legno, zoccoli e metallo tutti battuti assieme.
    Poi emerse dalla penombra tre figure caprine, una era enorme e corpulenta, portava uno stendardo pieno di crani, corna e tessuto di pelle umana che avanzava ondeggiava ad ogni passo, una deforme che incedeva spavalda ma guardinga, ed infine un piccolo satiroquasi senza corna, con una lunga barbetta, che saltellò precedendo gli altri, profondendosi in quelli che parevano inchini di compiacimento e prese parola.
    - Il mio padrone ti da il benvenuto nelle sue terre, o possente capo dei kran! Io mi chiamo Kinkex, per servirti! - belò nella lingua di Norsca in maniera accettabile.
    - Chi siete? Cosa volete da noi? - gli gridò in maniera intimidatoria Akmar, avanzando con la spada levata.
    I tre capri osservarono per un attimo ammirati la possenza fisica e la scintillante spada cremisi del guerriero, poi quello che pareva il capo belò incomprensibile ed il satiro tradusse.
    - Siamo molto onorati di vedere come gli alleati dell'Emissario Oscuro siano forti e intrepidi, ed il mio padrone Pitzrak Il Monco è ben lieto di accogliervi nelle sue schiere! -
    - Accoglierci?!? Schiere?!? Oltre a noi non vedo nessuna schiera! - schernì spavaldo Akmar, suscitando una risata generale dei suoi prescelti, che all'unisono chiusero gli scudi a formare un muro impenetrabile, come a sottolineare la disciplina del reparto.
    Pitzrak pestò per terra con gli zoccoli e berciò qualcosa al corpulento alfiere che suonò un grosso corno, d'improvviso dal bosco scattarono fuori all'unisono un'orda di guerrieri caprini tintinnando di cotte di maglia con placche e si disposero perfettamente allineati alle spalle del capobranco.
    La cacofonia di versi era impressionante e molto minacciosa, Pitzrak il Monco sembrava deciso a dar battaglia quando avanzando per gridare sfida ad Akmar gli cadde l'occhio sul pendente che aveva al collo.
    Immediatamente si ritrasse e borbottò un verso incomprensibile che però eccheggiò con stupore in ogni bocca e si perse nei brusii della foresta poi chinò il capo in segno di rispetto, quasi sottomissione di chi deve baciare la mano che non può tagliare.
    Si rifece avati il satiro
    - Non fraintendiamo, potente campione – riprese ossequioso il capretto – Noi siamo la vostra scorta e guida per andare fino al portale dei monti azzurri. Così ci ha comandato l'Emissario. -
    Soddisfatto della sottomissione suscitata, Akmar rinfoderò la spada.
    - E sia! Mettiamoci in marcia, dovremo sorprenderli alle prime luci dell'alba! -

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    e più appassionante!! :gia:
    gli ululati e latrati faranno gelare il sangue di tutti gli albionici!! :see:

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  7. dol_guldur
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    Buonasera a tutti dadofili! Finalmente e per la prima volta ho giocato un assedio, e devo dire che dopo un iniziale smarrimento si è cominciato a capire come funziona, se avete fortezze modulari o il castello di warhammer consiglio assolutamente di giocare degli scenari del genere, il divertimento è assicurato!
    Essendo la campagna datata alla 6° edizione abbiamo creato delle minime modifiche per adeguarla alla 8°: lo schieramento dell'attaccante è a 8" e non a 15", non deve fare i tiri inedia sulle truppe assediate (si pensa che l'assalto sia fulmineo e non un assedio prolungato) e non può prendere equipaggiamento da assedio se non scale e corde in dotazione ad ogni fanteria, il difensore ha il doppio turno di tiro e l'equivalente dei suoi punti in armi da difesa, ma non la forza di soccorso. Obiettivo conquistare o mantenere il portale principale, unica via per addestrarsi nella misteriosa Acropoli dei monti Azzurri.
    A mio giudizio visti gli eserciti schierati è stata una bella lotta incerta fino a metà battaglia, gli spalti son molto difficili da conquistare dato che dimezzano ac ed iniziativa e se vi è una unità tosta in cima è veramente difficile pensare di far garrire il proprio vessillo sugli spalti avversari.
    Detto ciò, a voi il resoconto ed il finale narrativo!

    Scenario 5: L'Assedio


    attaccanti:

    IL BRANCO DEL MONCO


    GRANDI EROI
    Pitzrak il monco 270

    EROI

    Barakus alfiere 85+scudo+pesante+grande arma+stend 170
    corno della prima bestia 50pt 36”rip test


    Akmar Eroe esaltato, 110 185
    melma velenosa, icore acido 25pt
    spada colpo sicuro 15pt
    calice del caos 10pt
    seme rinascita 10ptrig. 6+
    elmo del drago 10pt sav2+ fuoco
    scudo incantato 5pt +2ta

    TRUPPA
    20 gor+arma add+gdc 185
    20 gor+arma add+gdc 185
    15 nogor arcieri 100
    SPECIALI
    20 prescelti caos+scudi+ gdc 480
    stendardo del pianto 50pt Terrore
    20 bestigor+gdc 30 340
    totem di ruggine (entro 6” -1 ta, a contatto -2 ta) 50pt
    campione attacco bonus con fo base. 20pt
    6 arpie+esploratori 84

    TOTALE 2999 pt


    difensori:
    IL CLAN MAC SPYNE

    EROI

    Lysandrix mc Spyne
    colpo mortale, ts 4+, reroll txc e txf in sfida
    Ambactox (alfiere)
    EROI
    Lysandrix Mc Spyne (colpo mortale, ts4+)

    Ambactox (alfiere, bsb)

    TRUPPA
    20 frombolieri gdc
    20 frombolieri gdc
    20 guerrieri gdc
    20 guerrieri gdc
    20 guerrieri gdc
    20 guerrieri gdc
    20 guerrieri gdc
    20 guerrieri gdc

    SPECIALI
    40 oathsworn gdc
    determinati

    EQUIPAGGIAMENTO DA ASSEDIO (1500pt)
    5 calderoni olio bollente 1250pt, sagoma piccola fo4 penetrazione
    1 portale infernale 250pt, arma a soffio fo4


    BATTAGLIA!



    Gli albionici si insospettiscono a non udire più i fischi delle sentinelle e corrono sugli spalti preparandosi al peggio, improvvisamente dalla bruma mattutina appare il branco come un grossa massa confusa.
    I frombolieri tirano ripetutamente mietendo le prime vittime caprine che erano ancora assorte ed intimidite dalle alte mura, ma il primo sangue le colma di odio e sete di vendetta.
    Viene attaccato il portale e le due torri adiacenti dal meglio dell'esercito caotico: gor, i prescelti con alla testa Akmar, i bestigor con pitzrak il monco e barakus l'alfiere, alla loro destra i nogor si tengono a distanza e l'altra unità di gor avanza sulla torre.
    All'approssimarsi dell'orda cacofonica vengono rovesciati tre calderoni che fanno danni spaventosi sulle bestie che urlano disperate, i prescelti una sola perdita ma nemmeno un lamento.
    Vengono issate scale di rami costruite frettolosamente ed inizia la scalata, non prima che però ogni unità attaccante si prenda la sua dose sassi che cadono dagli spalti, l'unità di gor di fianco al portale cede al panico e scappa insultata e schernita dai guerrieri albionici.
    La scalata del portale è facile per i guerrieri di Akmar, appena salito sul bastione si trova di fronte allo sguardo duro di Lysandrix che lo sfida: il caotico attacca con rabbia, ferisce due volte ma il campione albionico si rialza senza nemmeno sanguinare, e con un singolo attacco annichilisce il campione che rovescia gli occhi e cade inerte dalla merlatura, fino ai piedi del portale.
    I prescelti cercano di vendicare il loro comandante ma mietono poche vittime tra la guardia scelta di Lysandrix e subendo perdite sono costretti a ritirarsi.
    Non va meglio al resto dell'armata, anche l'unità di bestigor è respinta dalle guardie che intervengono in supporto ai guerrieri della torre, solo l'unità di gor all'ultima torre riesce a respingere i frombolieri e martoriata a mettere gli zoccoli sulla cima.
    Gli albionici corrono ai ripari contrattaccando, l'unità in fuga viene bersagliata ripetutamente e i suoi ranghi oramai non esistono più, mentre i prescelti tentano di trasportare a peso vivo il loro comandante fuori dagli scontri una improvvisa vampata fuoriesce dal portale, una infernale macchina a soffio tileana spruzza olio ardente sui guerrieri incenerendone tre, questa volta le urla di dolore e spavento si odono.
    A resistere inaspettatamente sono i gor sulla torre, il loro odio verso gli albionici li ancora sulla pietra viva.
    Il caos torna all'attacco con i prescelti che scalano le mura inferociti, Lysandrix sfida il campione appena mette piede sul ballatoio ed un altro caotico cade inerte dalle mura, l'alfiere infligge due ferite ai caotici, ma quando questi si ritirano molte delle guardie rimangono a terra senza vita.
    A fianco i bestigor sono ormai decimati ma l'orrido pitzrak srotola una orrida frusta chiodata e mulinandola con furia acceca e ferisce i combattenti della torre mentre il corpulento alfiere fa la sua parte ed infine la torre viene conquistata.
    I nogor arcieri si scagliano contro il muro davanti a loro, vista l'inefficacia delle loro frecce,ma vengono ridotti a mal partito dalla pioggia di sassi che cadono dagli spalti e dalla tenacia dei frombolieri.
    Lysandrix non ha molto tempo per riprendere fiato, ordina ai suoi guerrieri di convergere sulle sezioni di mura attaccate e di sostituire dove possibile i frombolieri, oramai inutili in un corpo a corpo così serrato gli attacchi per riprendersi le torri conquistate si fa disperata e le bestie continuano a mietere vittime.
    Il caos torna alla carica oltre ai prescelti che scalano le mura, Lysandrix vede anche sbucare dalla porta della torre gli odiosi comandanti del branco che mandano versi osceni, sfida pitzrak, ma egli manda avanti con una zoccolata il suo campione bestigor che viene immediatamente cancellato dall'esistenza, mentre egli falcidia i rimanenti difensori del portale, i guerrieri caotici ne approfittano per scavalcare la merlatura e macellano ogni albionico che incontrano, l'ultimo a cadere sotto le lame dannate è l'alfiere che viene colpito alla schiena dopo aver ucciso l'ennesimo mostruoso prescelto. Travolto dalla mischia dell'orda incombente, Lysandrix cade dalle mura.
    Appena riapre gli occhi e dolorante, il comandante albionico vede chiaramente che il suo fianco sinistro è compromesso ma forse non ancora tutto è perduto: deve uccidere il loro comandante ad ogni costo, urla di rabbia invocando gli dèi e carica su per le scalinate ingombre di morti e sangue, ispirati dal suo gesto anche i guerrieri della torre si buttano sui caotici.
    Lysandrix si apre la via fino agli spalti e grida la sua sfida a pitzrak, egli lo guarda coi suoi occhi truffaldini e sparisce dietro la sagoma corpulenta dell'alfiere che alla carica rabbiosa dell'albionico scappa nella torre adiacente belando terrorizzato. Rapido, il comandate caprino mulina la frusta e colpisce al collo il temerario guerriero, ma questi con alcuni fendenti riesce a superare la sua armatura maledetta e lo ferisce profondamente. Si guardano ansanti per un momento, lo sguardo pieno di odio, poi i prescelti colpiscono ripetutamente in una mattanza che nulla più aveva di umano e lo sguardo azzurro di Lysandrix si spegne per sempre.
    Gli albionici continuano a cercare di respingere in ogni modo le forze caotiche, ma ogni sforzo sembra vano, le arpie vengono distrutte ma i pochi nogor rimasti alla fine si inerpicano con fatica dalle loro corde sugli spalti oramai vuoti, festeggiando una vittoria di certo non loro.
    Alla fine il clan Mac Spyne desiste dal recuperare i corpi del loro capo e dell'alfiere, e si ritirano dalle mura col cuore pieno di odio ed incendiando le casupole con le scorte alimentari della scarna guarnigione.
    Le porte per l'Acropoli sono alfine scardinate.

    Epilogo scenario 5




    Bogos si era completamente ristabilito, la brutta ferita ricevuta ora era solo un alone rossastro sulla sua pelle, tessuti e muscoli erano come rinati più resistenti e vigorosi di prima.
    Avrebbe voluto tanto seguire suo fratello in guerra ma aveva dovuto rimanere a guarnigione del villaggio di Arripalis dove era stato curato dai druidi con miracolosi impiastri di erbe.
    Ora poteva respirare di nuovo l'aria dei boschi e tendere con forza il suo arco facendo ciò che gli riusciva meglio: cacciare.
    Il gran numero di profughi della costa si era rimesso immediatamente a fortificare il pacifico paesino, diverse erano state le aggressioni di ciò che era stato del pacifico bestiame: capre ed arieti si erano improvvisamente alzati sulle zampe posteriori, stagliandosi sul cielo rossastro ed aggredendo animali e uomini.
    Ma abitanti e profughi avevano reagito energicamente e, dopo alcuni giorni di rastrellamenti, quasi tutti i boschi nel raggio di miglia erano stati bonificati dalla gazzarra bestiale caotica e le fiamme purificatrici ne avevano bruciato gli empi covi.
    Purtroppo la selvaggina spaventata o uccisa per puro gusto dalla feccia bestiale era divenuta molto rara e Bogos non trovò altra soluzione che addentrarsi nella foresta proibita, un'area sacra per il clan Mac Beli che rivendicavano come luogo natìo del Veriloquiante Fithurix.
    Dalle tracce sul terreno pareva non vi fossero i segni degli orridi zoccoli mutati delle bestie, ma vi fossero migrati in cerca di riparo alcune famiglie di cervi coi cuccioli.
    Bogos prese dalla bisaccia un piccolo amuleto, lo alzò e chiese perdono agli Dèi per doversi procurare il cibo in una zona sacra e promise di rimediare appena possibile, offrendo i suoi servigi agli spiriti dei boschi.
    Appena pronunciate le sue preghiere gli parve che la foresta fosse meno cupa, più luminosa ed accogliente invece, e vide altre tracce che prima non aveva notato oltre ad una gran quantità di funghi commestibili.
    Mentre si chinò per raccoglierli avvertì come un improvviso senso di malessere accompagnato da un passo pesante ed un fiato come a respirargli dietro l'orecchio.
    Si nascose istintivamente dietro un tronco e sporgendosi cautamente vide un'ombra avanzare di soppiatto in mezzo alle fronde, ma ne avvertì il fruscio come se fosse ad un passo da lui.
    - Cosa mi sta succedendo? - pensò per un secondo, quando istintivamente pensò che doveva seguire quell'ombra misteriosa.
    Si mosse più furtivo che poteva ma le foglie calpestate parevano non emettere suono, e nemmeno le fronde di rovi che sfioravano il mantello pareva non avessero presa sul tessuto, mentre continuava ad udire forte e pesante i movimenti della figura che avanzava determinata nel bosco sacro.
    Bogos si mise a correre, e con ulteriore sorpresa si scoprì leggero come una piuma e silenzioso come il volo di una libellula.
    Corse con l'agilità di un cervo, addentrandosi sempre più nei meandri della selva finché non si aprì una radura e qui si fermò di colpo, sbalordito dalla visione che gli si presentò davanti.
    Al centro di un piccolo cerchio di dolmen, circondato da spire di energia del colore dell'ambra levitava seduto a gambe incrociate Fithurix, il Veriloquiante.
    Edera e fiori gli crescevano addosso cucendosi su di lui al tempo stesso come abito e trono, come se fosse una solenne statua, come se fosse li da sempre.
    L'energia fluiva lentamente e vicendevolmente tra lui e la terra seguendo l'infinita spirale serpentina creando un armonico balenare del colore del miele.
    Bogos rimase incantato dal senso di pace ed armonia che il luogo e l'energia irradiava tutto intorno quando improvvisamente emerse dagli alberi il bretonniano rinnegato Lorènce, l'armatura ed il tabarro incrostati di fango e vegetazione.
    - Finalmente, eccolo!- esclamò con un sorriso affaticato – Quindi è stato qui tutto il tempo, qui ed ovunque! Mentre la sua forma spirituale affrontava i nostri eserciti il suo corpo era qui in simbiosi con la terra, a farci affogare in questa melma schifosa! -
    Sollevò la pesante ascia da guerra che riflesse crudelmente i toni caldi della luce magica ed avanzò nel cerchio delle vibranti pietre Ogham.
    - Ma adesso me la pagherai una volta per tutte maledetto stregone! -
    Lorènce avvertì un suono secco e vide i resti di una freccia rimbalzare via dalla sua pesante armatura.
    - CHI OSA!??! - urlò
    In tutta risposta un'altra freccia provenne da una direzione diversa e lo colpì vicino alla fessura della gorgiera.
    Lorènce urlò di rabbia mentre si scagliava verso il punto in cui era stata scoccata ma un sibilio lo fece girare di scatto, appena in tempo per intercettare col guanto d'arme un altro dardo che veniva dal fianco.
    - Mostratevi maledetti! Non avete scampo contro un servitore degli dèi oscuri! - una altra freccia sibilò vicinissima alla sua testa – I vostri dardi non possono ferirmi! Sono protetto dagli empi dèi ed il cielo rosso che ci sovrasta ne è la prova! -
    Un altro dardo lo colpì alla coscia ma la punta di ferro ne scalfì appena la superficie metallica.
    - Mostratevi a me! Selvaggi che non siete altri! L'emissario vi sottometterà uno per uno! E non sarà certo questo folle sciamano a fermarlo! - disse avanzando verso Fithurix, deciso a tranciarlo in due con un solo fendente.
    Fu questione di un attimo e Bogos con un agile balzo, colpì il bretoniano rinnegato e deviò il suo colpo con una potente spallata.
    L'impatto non lo buttò a terra ma accrebbe la sua ira, interrotto per una seconda volta alla soglia del suo successo, mandandolo su tutte le furie.
    Iniziò a cercare di colpire Bogos con la grande ascia, gli occhi fissi in quelli di lui per capire da che parte si sarebbe slanciato per evitare il colpo quando ad un tratto entrambi ebbero una sensazione di già visto.
    - TU! - esclamarono all'unisono in lingue diverse, e in un attimo la mente li riportò all'aria del mare, una spiaggia insanguinata, l'uno con l'ascia levata e l'altro a cercare di parare il colpo.
    - Non è possibile, ti ho ferito sulla spiaggia, dovresti essere morto! - esclamò il caotico.
    - Ringrazio gli Dèi che oggi potrò avere vendetta! - gridò Bogos estraendo il coltello da caccia e lanciandosi su Lorènce.
    La zuffa si fece senza esclusione di colpi, ma fu breve, all'ennesimo attacco in cerca di una giuntura tra le piastre, il coltellaccio di Bogos si spezzò e fu sbattuto a terra dal rinnegato.
    - Bene – sghignazzò Lorènce – Questo è per tutte le umiliazioni che ho ingoiato nel ducato, a norsca e da lemnus! Ti profanerei il corpo e lo spirito come ho subito io da lui, ma non c'è tempo, quindi è tempo di morire albionico, per te e per questo idiota che.. -
    Venne interrotto da un ruggito tremendo, il Veriloquiante si era destato ed avanzava verso di Lorènce, il vento di Ghur volteggiava sopra alle sue spalle assumendo la forma di un grosso orso furioso.
    Lorènce non riuscì a reagire: con tre sonori colpi del pugno il Veriloquiante annichilì il traditore che si accasciò davanti ad uno sbalordito Bogos.
    Il Veriloquiante si chinò sul corpo incosciente del bretonniano e gli pose una mano sulla testa insanguinata, lentamente il corpo e l'armatura corrotta si accartocciarono come corrosi e svanrono in un turbine di polvere.
    Per un attimo sembrò d vedere la forma di un ragazzo sorridente che svaniva nel nulla.
    Fithurix rivolse il suo sguardo penetrante su Bogos.
    - Sommo Veriloquiante… io .. io sono… - balbettò
    - Bogos, figlio di Maros. - disse con una voce che sembrò eccheggiare da ogni filo d'erba e da ogni foglia.
    - So chi sei, e so che sei un valoroso guerriero... anche se sei della costa! - scherzò con un mezzo sorriso sotto i baffi.
    Bogos si mise a ridere, la paura e la tensione si erano completamente dissipate, poi tornò serio.
    - Veriloquiante, che ne sarà di noi? Riusciremo a battere i kran e le forze oscure che li accompagnano? E' davvero così potente l'emissario? -
    Fithurix rispose con fare mistico – La forza delle parole si disperde facilmente nel vento. Per questo l'ignobile lemnus è tornato sull'isola, con l'inganno e le promesse ha tradito chiunque, perfino chi ha creduto in lui, come questo che un tempo era un cavaliere di buona famiglia, in Bretonnia. L'emissario ha bisogno di qualcosa di materiale ora, ed è per questo che si sta dirigendo a nord, all'Acropoli dei monti Azzurri, una antica rovina dell'unico conquistatore di Albione. -
    - Cosa c'è nella Acropoli? -
    Fithurix lo guardò intensamente.
    - Anche il più insignificante dei sovrani deve cingersi il capo con una corona. -
    Il cacciatore lo guardò interrogativo.
    - Tu sei coraggioso Bogos? -
    - Si – rispose senza incertezza
    - Vieni allora – Fithurix gli strinse il braccio alla maniera dei guerrieri – Andiamo a Nord, lì si deciderà il nostro Fato! -

    Bogos sentì una vertigine, poi gli mancò il terreno da sotto i piedi e poi vide il cielo, così splendente e senza una nuvola come nelle migliori vigilie di mezz'estate, ma ancora più limpido, poi un tappeto di nubi sotto di sé, lampanti fulmini e vorticose spirali dove la massa bianca si scontrava con la fumosa caligine rossa.
    Guardando verso terra sentì l'erba calpestata, avvertì come migliaia di punture fiammeggianti nel suo corpo quando ebbe visioni di branchi di bestie risalire i sentieri dei boschi, ulcere ad ogni empio totem che veniva innalzato, e fiamme ardere nel suo cuore ad ogni albero sacro bruciato al passaggio dei kran.
    Eppure come da lontano udì il conforto di vecchie canzoni, il calore di una pacca sulla spalla di due guerrieri in tartan che bevevano, la libertà di un corvo che si librava in volo nel vento sopra i boschi.
    E così attraverso la breccia di un antico portale spezzato, oltre orde bercianti e le sguaiate risate degli invasori, ecco che apparve una terra arcaica coronata da monti, gli albionici accampati tra antiche colonne e maestosi tumuli, sempre più vicini.
    E poi buio.

    wayland1
     
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    strepitosoooo! :clap:

    mi permetto di fare un appunto: da regolamento le creature volanti d'ambo gli schieramenti costano doppio in punti... quindi credo che quelle arpie siano sottovalutate! :gia:
     
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  9. dol_guldur
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    Grazie! Deve esserci sfuggito, ma d'altronde abbiamo commesso alcuni errori, visto dopo: ad esempio il numero di modelli che attacca un singolo personaggio è pari alla metà effettiva dei combattenti. Ed anche gli attacchi speciali che prevedono il contatto di basetta si applicano solo ad un modello anche non in sfida.
    Pazienza, sarà per la prossima volta, anche perchè ci è rimasta addosso una voglia di assedio che la metà basta! eheheh

    Il prossimo scenario sarà lo scontro finale di una rara ignoranza! XD



    IMG_20170205_WA0004_mood

    nella foto l'assedio al suo epilogo
     
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    botte da orbi! :yoh:
     
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  11. dol_guldur
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    Cari lettori, il momento è giunto finalmente! domenica si terrà la Grande Battaglia Campale con un ammontare totale di 13.000 punti!
    Ci siamo impegnati un bel po anche per riuscire ad avere abbastanza miniature dipinte per raggiungere un tale traguardo e non so se è trapelata la genuina passione nel condurre questa campagna narrativa, ma spero abbiate goduto nella parte dei racconti oltre che dei resoconti.
    Siamo oramai allo scontro finale, con le forze rimanenti degli albionici rifugiate in un altipiano nel nord dell'isola chiamata l'Acropoli e inseguiti dalle forze pure provate dei caotici che non daranno quartiere ora che sanno di avere in pugno la più consistente forza che gli si oppone.
    I nostri personaggi sono oramai agli ultimi atti, ma che comunque regaleranno molte sorprese, quindi non resta che augurarvi buona lettura dell'antefatto!
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    Scenario6 - La Piana delle Battaglie


    AKMAR! Chiamò una voce profonda e cavernosa.
    Il guerriero aprì gli occhi di scatto, e vennero feriti al contempo da luce ed oscurità. Li richiuse.
    AKMAR! Chiamò di nuovo con tono di comando ed il norsmanno sentì aprirsi le palpebre indipendentemente dalla sua volontà.
    Un caleidoscopico vorticare di volti maligni multicolori gli entrò nelle pupille, urlò di dolore ma invano, pur cercando di muovere le braccia per coprirsi glo occhi fu inutile: il suo corpo non si poteva muovere.
    Poi si accorse di non avere corpo. Akmar non era più di un'ombra in un flusso di sagome indistinte.
    Sentì di stare impazzendo quando all'improvviso gli si parò davanti una sagoma immensa e buia come la notte.
    - VA MEGLIO ORA?- lo compatì sghignazzando la voce, vicinissima, e tanto potente da far vibrare lo spazio intorno a se.
    - chi, chi sei? - balbettò Akmar – cosa sei? Io…. Ho già udito la tua voce! -
    IO SONO COLUI CHE TI CAMMINA A FIANCO DA MOLTO TEMPO
    Akmar si ricordò di aver udito la sua voce in molti sogni, nei momenti di ira, non poteva che trattarsi di uno spirito molto potente, forse di un dio in persona.
    - Dove sono? Sono morto? - domandò d'istinto mentre mille pensieri gli offuscavano la mente.
    DIPENDE, LA MORTE E' UN CONCETTO MOLTO ASTRATTO
    - DIMMI DOVE SONO MALEDIZIONE!- sbottò Akmar con ferocia, spazientito come suo carattere.
    Una profonda risata lo sommerse.
    SEI DAVVERO DIVERTENTE, UMANO! NEMMNO AL MIO COSPETTO RINUNCI AD ESSERE CIO' CHE SEI: UN PERDENTE! UN FALLITO! ULTIMO!
    L'ira di Akmar esplose, lingue rosse di fiamme bruciarono tutto quello che gli stava intorno, udì il flusso che lo trasportava disperdersi per un attimo e ne avvertì le grida di dolore: gli piacque terribilmente come se sapere di poter far del male fosse linfa vitale.
    SORPRENDENTE QUANTO LA VITALITA' DELLA TUA ANIMA SIA CARICA DI ODIO, AKMAR, LASCIA CHE TI MOSTRI UNA COSA.
    Il flusso scorse per un tempo indefinito, Akmar sentì come un potente battere di ali rifrangersi su mille superfici in miliardi di echi, poi vide un cerchio attorno al quale migliaia di volti mostruosi cadevano sbriciolandosi o incendiandosi in spirale, come le ciglia di un enorme occhio del terrore.
    - Cos'è quello?- chiese guardando quello che gli sembrava un cielo stellato, ma una ottica diversa, come se vi si trovasse dentro, ed al centro una sfera nebulosa a quattro braccia.
    QUELLO E' IL MONDO MATERIALE, UMANO, QUESTO è UN OCCHIO TRAMITE IL QUALE VEDIAMO CONTORCERSI L'ARTIFICIO DEI VIVENTI IN OGNI TEMPO E LUOGO, LA VI E' ANCHE IL PICCOLO IMPERO DEGLI UOMINI.
    - Intendi il regno del sud fondato da Sigmar? -
    Un sibilio iracodo scosse e straziò anime introno ai due.
    NO, VI SONO MOLTI MONDI IN CUI GLI ESSERI CONFINANO LA NOSTRA DIMENSIONE DI CUI TU HAI OCCASIONE DI FAR PARTE.
    - Io?!? - chiese stupito Akmar – io non sono degno di essere considerato, non più, da quando ho messo piede su quella maledetta isola il fato è stato contro di me, ma dimmi è per caso stato quell'infame essere che risponde al nome di lemnus?!? è sua la colpa delle mie sventure? - ruggì e di nuovo fiamme e lapilli incenerirono anime attorno a sé e stabilizzarono il suo fluttuare, gli sembrò perfino di poter stringere forte i pugni pur non vedendoli.
    Dall'ombra gigantesca emerse un sorriso malvagio.
    CERCHI LA VENDETTA AKMAR?
    - SI!- urlò fuori di sé.
    ALLORA ABBANDONATI ALLA TUA IRA, DIVENTA PARTE DELLE MIE ARMATE E NON DOVRAI PiU' TEMERE NE' SCONFITTE NE' VECCHIAIA! SERVI ME! E TI DARO' IL POTERE DI VENDICARTI SU CHI TI HA UMILIATO!
    - SI! - Urlò ardendo di fiamme d'odio – IO, AKMAR di NORSCA, MI VOTO A TE FINO A CHE LA MIA VENDETTA NON SARA' COMPIUTA! -
    Una risata malefica fece turbinare i venti multicolori, tutto si mischiò intorno ad Akmar fino a diventare tutto nero e buio.

    La cerimonia dei prescelti era ostacolata dal vento e dalla pioggia, pur essendo votati al caos non rinunciavano così facilmente alle loro antiche tradizioni di onorare i compagni caduti.
    Una grande pira era stata eretta affastellando le antiche travi del portone dell'Acropoli, i cadaveri dei caduti formavano gli intermezzi dei vari piani, al primo strato gli uominibestia, poi i bestigor, i prescelti caduti, il loro capitano Zabor e sulla cima Akmar il valente sventurato, come già avevano iniziato a ricordarlo.
    Con grande solennità e nonostante vento e pioggia cercassero di spegnere le fiaccole, i prescelti si misero in cerchio attorno alla pira, riparandosi con gli scudi, poi ad un segnale convenuto si avvicinarono all'unisono ed appiccarono il fuoco.
    Sulla strada numerosi predoni osservavano il rituale a loro familiare e molti suonarono i corni e batterono gli scudi per omaggiare i caduti e gli dèi oscuri.
    Con fatica e molto fumo legna e corpi iniziarono a bruciare scoppiettando e le urla selvagge si alzarono al cielo.
    In quel momento, passò con la sua corte di guerrieri reietti e deformi l'emissario oscuro, infastidito dal fatto che tale spettacolo potesse offuscare il suo insperato passaggio trionfale attraverso i portoni della fortezza espugnata.
    Tuttavia la sua turpe mente elaborò immediatamente come volgere a suo vantaggio l'evento e fermatosi vicino alla pira arringò le truppe interrompendo suoni e canti funebri.
    - Ascoltatemi, valorosi guerrieri! Il sacrificio dei nostri compagni non sarà stato vano! Grazie alla mia saggia guida ed ai vostri sforzi siamo giunti fin qui, ad espugnare l'ultima resistenza dell'isola! Il nemico si è messo in trappola e dovremo solo dargli il colpo finale! Possano gli dèi oscuri esserci testimoni che mai ci fu spedizione più capace, che mai più intorno ad un capo si sono riuniti guerrieri così valorosi! E che sono finiti i tempi in cui comandanti inetti si sono macchiati di incapacità nei confronti della loro missione! Da oggi è il tempo di premiare i Primi! E che nessuno possa mai essere nelle mie schiere, se il suo destino è finire in cenere come Ultim..-
    Improvvisamente la pira esplose scagliando tronchi e corpi carbonizzati in ogni dove che rimbalzarono violentemente contro le mura del portale.
    L'emissario venne sbalzato violentemente da cavallo e rotolò goffamente tra le gambe di un predone norsmanno al quale si aggrappò terrorizzato appena si volse verso il luogo dell'esplosione.
    Una enorme sagoma emerse dal pesante fumo e dalla caligine, aveva ampie ali ed occhi di fuoco,una parte del volto piena di denti spezzati dai quali fuoriuscivano lapilli e fiamme.
    - No, non può essere – biascicò piagnucolando lemnus.
    Il Principe demone si volse intorno guardando i prescelti che un tempo aveva comandato rialzarsi ed osservarlo, per poi prorompere in un urlo di esultanza: AK-MAR! AK-MAR! AK-MAR!
    Il demone ruggì eruttando una lingua di fiamme al cielo, poi il suo sguardo si fermò su un impietrito capo norsmanno impietrito dalla paura, ma soprattutto sulla patetica creatura tremante aggrappata alla sua gamba.
    - TU! - grugnì con un suono gutturale avviandosi verso l'emissario.
    - INFAME TRADITORE, TI DARO' CiO' CHE MERITI! AHAHAHAHAHA!!- ruggì
    Il predone si divincolò in un istante e corse via assieme al resto della colonna mentre i reietti guardavano la scena coi loro occhi vacui ed interrogativi.
    Akmar alzò il pugno ove la sua antica spada rossa sfolgorava di energie e fiamme rosse.
    Assaporò il momento, e poi la calò con forza sull'emissario che frignava schiacciato a terra.
    Buio.
    Un dolore lancinante trafisse Akmar nel torace, urlò di rabbia caricando di nuovo il fendente, ma anche questa volta appena vibrò il colpo ebbe un mancamento e si ritrovò a tenersi dolorante il torace, la sua enorme mano artigliata incontrò qualcosa.
    Un pendente a forma di croce coperto da carne rancida decomposta.
    UUUUULTIIIIMOOOOOoooooo!!
    Eccheggiò nella sua testa una voce nota, mentre l'emissario in ginocchio in una pozza del suo stesso piscio e ancora lacrimante per lo spavento, rideva istericamente.

    2013-11-29+09.49.19


    I preparativi nel campo degli albionici procedevano senza sosta nonostante il tempo peggiorasse rapidamente, la pioggia ed il vento così veloci che molti avevano abbandonato l'idea di poter utilizzare le loro armi da tiro e fissavano i coltelli su lunghi bastoni per farne più pratiche lance.
    I carri dei clan erano riuniti in un cerchio atto ad opporre un improvvisato fortino nel quale opporre l'ultima difesa in caso di sconfitta.
    In questo enorme circolo che si dipanava adagiato su sette immensi tumuli si trovavano gran parte degli abitati del nord di Albione, cuciti assieme i loro tartan enormi tendoni sospesi da rami fungevano da luoghi di ritrovo per i vari clan, in maniera da non perdersi in quella piccola città formatasi all'improvviso.
    Tutti collaboravano in reciproco aiuto ed anche gli innumerevoli conflitti personali e di famiglie erano stati accantonati per fare fronte ad un nemico comune che voleva la loro cancellazione totale.
    Sotto la pioggia scrosciante Bogos avanzava chiedendo a tutti dove fossero radunati i clan della costa, ma nessuno sapeva dargli indicazioni precise, e a dire il vero era anche difficile orientarsi in quel conglomerato caotico di gente che si spostava di fretta impegnata a portare a far affilare un fascio di spade o trascinare un animale poco voglioso di diventare cibo.
    Effettivamente molti dei clan della costa erano rimasti nella zona sicura oltre le paludi di Argantias ed Arripalis Levantis ed i pochi rimasti a combattere con l'esercito del Grande Orso forse erano anche dispersi o nella peggiore ipotesi morti.
    Così altalenante era il suo umore, tra lo sconforto di non trovare nessun volto noto e lo stupore di vedere così tanta gente tutta assieme come mai nella sua vita, non pensava nemmeno potessero essere così tanti gli abitanti dell'isola.
    Vagò per un po, osservando di tanto in tanto il cielo ove il fronte nuvoloso si scontrava con la caligine rossastra montante da sud.
    In quel momento gli sbattè contro una colonna di guerrieri in marcia, portavano tutti il tipico sacco cerato con l'arco da caccia dal quale evidentemente non volevano separarsene.
    - Ehi stai attento! Fate largo agli archi di Ellinor! - gli urlò un guerriero incappucciato in un mantello da cacciatore.
    - Stai attento tu!- rispose con piglio Bogos, e sarebbe forse passato a maniere più brusche se non avesse visto, scortata da quattro cacciatori, una leggiadra figura femminile passare accanto a lui, i lunghi capelli biondi che uscivano dall'ampio cappuccio.
    Anzi scusa – si corresse – ma… ma chi è!??! -
    - Come chi è? - rise il cacciatore – è Ellinor, la principessa guerriera del clan Mac Stern, possibile ctu non ne abbia mai sentito parlare? -
    - No, non lei… quello col mantello a righe rosse e gialle! È il colore del mio clan vedi?- disse mentre era già partito ad inseguirlo.
    Si sentì strattonare, ma si divincolò sfilandosi il mantello e correndo raggiunse il quartetto che proteggeva Ellinor.
    Diversi cacciatori si voltarono il passo, con le mani sui coltellacci, quello della scorta col mantello a righe rosse e gialle si voltò con una spada in mano.
    A Bogos parve di sognare e seppur provato dietro una barba più ispida del solito riconobbe il volto di Nertos, suo fratello maggiore.
    - Nertos! Nertos! Che gli dèi siano ringraziati! - urlò
    - Bogos! Fratellino! Come sei arrivato qui? Sei guarito?- poi il senso del dovere prevalse e alzò la mano ad arrestarlo – non puoi avvicinarti ad Ellinor, Bogos. -
    La principessa guerriera si era intanto voltata ed osservava la scena con curiosità.
    - Nertos, tu conosci quest'uomo? - chiese.
    - Si, Ellinor, è mio fratello Bogos che pensavo ancora ad Arripalis. -
    - Il paese del Clan MacBeli? - chiese lei
    - Proprio così, era rimasto ferito negli scontri della costa, aè stato lui ad uccidere il primo dei Kran, ed ha ferito pure il loro comandante. - disse fiero Nertos.
    - Bogos, tuo fratello sostiene che sei il Primo tra gli Albionici, è vero? -
    - Si mia signora! Sono Giunto fin qui assieme al Veriloquiante Fithurix per combattere ancora contro all'invasore. - disse Bogos fiero.
    Ellinor lo guardò pensosa da sotto il cappuccio.
    - Se sei bravo a tirare la metà di quanto lo è tuo fratello non puoi non unirti a noi. Benvenuto, Bogos! Ora andiamo, bisogna che parli subito col Grande Orso! Nertos, fatti dare il cambio, credo avrai da parlare per un po.-
    I due fratelli si misero in coda alla colonna, abbracciati sotto la pioggia a ridere e scherzare ed a raccontarsi le incredibili vicissitudini passate, mentre la pioggia cadeva sempre più fitta ed i fulmini cadevano sempre più frequenti, squarciando il cielo.

    L'ombra di Fithurix tremolava incerta sulle pareti della cripta, dal suo palmo una piccola fiammella guizzava con toni d'ambra, spandendo ne sotterraneo del tumulo profumi d'incenso ed erbe.
    Percorse le sale e corridoi i cui soffitti decorati di figure di guerrieri arcaici sembravano prendere vita alla flebile luce erano sorretti da grandi colonne di marmo e capitelli.
    Intervallati ad esse vi erano antiche armature di bronzo e metallo antico, portanti i fregi di una antica civiltà, che erette come erano incutevano timore e rispetto e parevano osservare da sotto i loro elmi vuoti.
    Arrivato in una sala circolare si fermò e guardò intorno: l'intera sala era arborea, il marmo aveva lasciato il posto alla corteccia d'albero che pur passando i secoli pareva viva e profumata di resina, circondando e profumando una splendida ara di granito fregiata da abili artigiani sulla quale era posto un calderone d'argento decorato a sbalzo.
    Si avvicinò avvertendo le energie vorticare attorno ad esso, rispondere alle sue e potenziarsi in una spirale di vita e forza primordiale.
    Pose la fiamma al di sotto del calderone ed i fregi iniziarono lentamente a muoversi a muoversi in senso orario, come una processione di figure metalliche che seguivano una danza.
    Fithurix invocò gli Dèi in un lungo rituale colmo di offerte che vennero versate all'interno del calderone ribollente ed alla fine gli rispose una voce che eccheggiò in tutto il circolo.
    Il Veriloquiante rispose in una lingua antica invocando l'attenzione degli antichi saggi dell'isola che ivi riposavano.
    Si udì un rombo come di terremoto ed fuoco si spense di colpo, la sala piombò nel buio.
    Una flebile luminescenza tuttavia balenò dall'interno del calderone, Fithurix vi mise dentro le mani e vi estrasse una corona, fatta di placche di ferro collegate e coperte di gemme.
    Alzandola in ringraziamento agli Dèi e la corona andò a posarsi sul suo capo da sola come se qualcuno ve l'avesse posta con solennità.
    Fithurix si voltò spalle al calderone e si trovò davanti ad una serie di teschi spettrali che lo osservavano dalle orbite fiammeggianti nelle loro armature arcaiche, tutti perfettamente allineati secondo i loro arcaici costumi marziali.
    Il Primo di loro era un guerriero con una enorme ascia luminosa, la alzò e fu seguito immediatamente da tutti i guerrieri che affollavano le sale del tumulo.
    Tutta Albione si era ora alzata ad affrontare la minaccia del traditore e degli dèi oscuri.


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